Le storie delle coppie non sono tutte uguali…un po’ come sono diverse le gravidanze e gli individui che ne sono coinvolti.
E’ difficile, se non impossibile, ma sicuramente limitante, giudicare se una coppia faccia bene o faccia male a fare sesso in gravidanza. Quello che però possiamo fare è cercare di chiarire ciò che accade fisicamente e psicologicamente ad una mamma ed un papà in attesa del loro bambino.
Il 25% delle coppie, generalmente, non fa sesso in gravidanza, anche se non ci sono controindicazioni particolari, a meno che la gravidanza non sia a rischio e cioè abbia presentato minacce d’aborto, sia presente cerchiaggio cervicale o ci sia il rischio di parto prematuro.
Sicuramente a partire dal secondo trimestre, periodo caratterizzato da una maggiore stabilità psicofisica, la sessualità non costituisce un problema, anzi!
Dal punto di vista psicologico per la coppia, continuare ad avere una sessualità soddisfacente, aiuta a mantenere i partner ad un buon livello di intimità e complicità… uniti ed insieme nell’attraversare le trasformazioni sia psicologiche sia fisiche che entrambi, anche se in modo diverso, dovranno affrontare; per la donna è sicuramente importante sentire che il suo corpo sia desiderato anche con le sue nuove forme e che il desiderio del partner sia presente e non “fugga” a seguito dei primi cambiamenti in atto; ciò conferisce una stabilizzazione della fiducia nella donna tale da potersi concedere la spontaneità e la serenità adeguata per affrontare tutto ciò che sarà.
Il benessere della donna, nel raggiungimento dell’orgasmo, fornisce al bambino, sia attraverso il suo sangue, sia attraverso il suo sistema nervoso, sostanze benefiche per la sua crescita sana; mentre le leggere contrazioni che il bambino sente durante l’amplesso fungono da potenti stimolanti e attivatori della sensibilità generalizzata del corpo, nonché di una sensazione di benessere pari a quella della madre.
Spesso però intervengono cause psicologiche a frenare il desiderio sessuale: capita che la donna si senta meno attraente per via del pancione, oppure che uno o entrambi i partner temano, erroneamente, di fare male al bambino; o addirittura accade che si smetta di fare sesso perché già se ne faceva poco prima.
Nel puerperio il discorso cambia; mediamente molte coppie riprendono la loro attività sessuale da 1 a 9 mesi dopo il parto…e l’ampiezza di questo intervallo varia molto a seconda di come è andato il parto, se è presente o no dolore (dispareunia) legato a traumi perineali o all’episiotomia oppure alla presenza di baby blues.
In generale, molte ricerche evidenziano come una buona intesa pre-gravidanza, sia correlata a buoni rapporti nel post-partum.
E’ importante tenere presente che durante l’allattamento sia presente un normale calo del desiderio nella donna, accompagnato anche ad un difetto di lubrificazione vaginale, a causa dell’effetto della prolattina, l’ormone responsabile della produzione del latte, che agendo sulla diminuzione degli androgeni e degli estrogeni, genera nella neomamma un’attenzione focalizzata al nutrimento e alla cura del suo bambino. Ciò che accade della donna accade anche al partner che, se è coinvolto e presente, si adatta naturalmente, grazie ad una sottile comunicazione chimica/ormonale con la compagna, al nuovo assetto famigliare, riducendo il suo livello di richiesta sessuale.
In questa fase, comunque molto delicata per la neofamiglia, è importante che la coppia possa cominciare ad esplorare una forma di sessualità sintonica alle nuove esigenze dei partners, ampliando lo spettro di possibilità che la sessualità offre, quando non riesce ad essere solo penetrativa.